Andras Schiff - Il mio Bach una cura per l'anima

Andras Schiff - Il mio Bach una cura per l'anima

Andras Schiff

« A cinque anni stavo già seduto al pianoforte, nella mia casa di Budapest, e nelle prime lezioni con Elisabeth Vadàsz, all'Accademia Liszt, leggevo i piccoli pezzi per Anna Magdalena, o i piccoli Preludi: così... mi innamorai di Bach.

Johann Sebastian Bach era stato un grande insegnante, fatto decisamente unico nella storia dei compositori. Aveva trascorso gran parte della vita in mezzo ai bambini, circondato dai figli e dagli innumerevoli allievi. Aveva perciò sempre composto pensando all'educazione, alla didattica, partendo da brani molto semplici da eseguire...

Però a cambiarmi davvero prospettiva fu il soggiorno a Londra, dove ero andato per studiare con il grande George Malcolm, quando avevo undici-dodici anni...
Malcolm impersonava la rinascita del clavicembalo. Ovunque veniva celebrato. Ma in realtà non era solo clavicembalista. Incarnava davvero la figura del musicista universale:
suonava l’organo, era maestro di coro, 
dirigeva, componeva e improvvisava, tutto con estrema naturalezza.
Con lui ho studiato tanto 
Bach, sia sul pianoforte sia sul clavicembalo, con grande libertà di pensiero...

Con Malcolm ho imparato a suonare senza pedale, una tecnica radicalmente nuova allora.

... Ora il punto non è se usare o meno il pedale, ma il risultato che si offre agli ascoltatori, che devono ricevere un suono non secco ma di estrema chiarezza nella polifonia.
In Bach non esiste il concetto di melodia accompagnata. Nel suo tessuto musicale le voci sono intrecciate e indipendenti, ciascuna alla pari con le altre, sempre.
Così una Fuga può anche rappresentare lo specchio della società umana (quando funziona), dove ognuno nella diversità è importante. Certo ci sono momenti in cui un altro può emergere, ma poi subito rientra nell’intreccio. E la forza simbolica della sua musica consiste proprio in questa equilibrata e densa polifonia.


… ricordo che da bambino mi imponevano esercizi pianistici terribili, noiosi, per tenere la tecnica ad alti livelli.
Quando ho scoperto Bach mi sono accorto che non ne avevo più bisogno. Mi bastava (e mi basta tuttora) un’ora di Bach, a inizio giornata, per ottenere una pulizia dell’anima (e del corpo). Suono qualcosa dalle Invenzioni, dalle Suite, dai Preludi e Fughe, e mi sento profondamente bene. Anche in concerto, se possibile presento solo Bach. E vedo che anche i giovani, che magari sono lontani da Mozart, Beethoven, Chopin, con Bach ne sentono la spiritualità, non solo la forza ritmica. Bach è un mondo

[… ]

... è un errore immaginare che [Bach] non andò mai fuori dalla Germania, [egli] ha scritto quel delizioso ritratto dell’Italia che è il Concerto italiano. Era un uomo molto colto, studiava sempre. Dalle musiche che trascriveva nelle biblioteche immaginò e ricreò quei maestri italiani e francesi della seconda parte del Clavier-Übung : il Concerto italiano (nel titolo originale « nach italienischen Gusto ») e l’Ouverture francese (« nach französischer Art »).

È interessante sottolineare come il Concerto italiano sia un Concerto senza orchestra, dove i due manuali rappresentano ora il solista, ora il “tutti” degli strumenti, in combinazione perfetta. Non riesco a immaginare un omaggio all’Italia più grande del movimento centrale, “Andante”, che guarda a Benedetto Marcello e a Vivaldi con una melodia bellissima e infinita, per la mano destra, mentre la sinistra tiene un ostinato che è un vero battito del cuore.

Lo stesso modello Bach lo userà nella venticinquesima Variazione delle Goldberg, l’”Adagio in Sol minore”, anch’esso in stile italiano. Così perfettamente identificato, miracoloso, in un uomo che non aveva mai viaggiato, come invece facevano tutti, dai grandi pittori fiamminghi e olandesi, fino a Mozart...

Oggi siamo in molti a suonare Bach col pianoforte, mentre non era così negli anni Settanta, quando i musicologi e i critici lo volevano obbligatoriamente al clavicembalo. Io credo che dobbiamo essere aperti a diverse interpretazioni, perché Bach, come scriveva Schumann, è il pane quotidiano. E se i violinisti hanno le Sonate e le Partite, e i violoncellisti le Suite, noi pianisti-clavicembalisti-organisti abbiamo un tesoro.

[…]

Bach al pianoforte non è una trascrizione, perché la frase prende solo una diversa sonorità, non viene adattata… »




 da Musica a specchio di Carla Moreni edizioni il Sole 24 Ore, Milano 2020, pp. 14-21